lunedì 15 dicembre 2008

Uno spazio critico per il Serpente

Mi concedo un brevissimo pre-post per esporre una profonda riflessione sulla funzione di questo Blog e, in particolare, di qualsivoglia tipologia di community online nella quale un autore espone la propria visione e la propria interpretazione di un evento, di una novità, di un'opera artistica quale i videogiochi odierni sono.
In quanto, appunto, esposizione di una propria personalissima prospettiva - in questo caso la mia - il blog di Metal Gear Web non vuole essere, come qualcuno suppone, un infinito e ripetitivo elenco di pleonastici giri di parole volti a divinizzare quel geniaccio di Kojima, bensì un piccolo angolo di critica lucida e soggettiva. Ma critica. Con l'accezione di analisi, riflessione, spiegazione. Tutti processi che, da un punto di vista espositivo, vanno appunto a costruire quella che viene definita una critica.
Critica non significa necessariamente analisi negativa. Critica è qualsivoglia sventramento e interpretazione di un'opera conosciuta dal lettore, inquadrata nella prospettiva culturale e ideologica di colui che scrive. E che, in taluni casi, può rispecchiarsi o meno con il background del lettore. Che giudica, commenta, e critica. Ma che deve farlo in modo sereno e costruttivo, e mai esclusivamente ritendendo che un'opinione devotamente elaborata dall'autore, sia nient'altri che un'idealizzazione di un game designer alla faccia di chi non ha apprezzato Metal Gear Solid 4. Perché questo blog non è nulla di tutto questo. E' un luogo di ritrovo per chi ama Metal Gear Solid in tutta la sua difettosissima perfezione, in tutti i suoi perfetti difetti.
E, sopratutto, per chi è capace di discuterne.

mercoledì 30 luglio 2008

L'Eredità del Filosofo

Attenzione: questo post contiene spoiler (anticipazioni) che svelano in gran parte l'intera trama della ventennale opera di Metal Gear. Non inoltratevi nella lettura se non avete completato ciascuno degli episodi, o rischierete di rovinarvi le sorprese di cui essi sono densi.


Nell'indimenticabile istante in cui una saga si conclude, è semplice commuoversi, sentirsi al contempo pieni, svuotati, sorpresi, delusi. Si tratta di un ibridarsi di emozioni indecifrabili, incapaci di sopraffarsi l'una con l'altra, fino a quando il tempo, la riflessione, il dipanarsi dell'empatia, non riordinano uno ad uno i tasselli del puzzle interiore che il capolavoro ci ha regalato. Il vero significato di un'opera, si comprende solamente nel momento in cui è chiaro il valore che essa ha assunto nella nostra vita di tutti i giorni. Nel momento in cui riusciamo a comprendere quanto di noi appartenga a quest'ultima.
Noi, in un modo o nell'altro, con Metal Gear Solid ci siamo cresciuti: è stato inevitabile che le emozioni, le paure e i messaggi che quest'ultimo ci ha trasmesso - appartenessero essi all'originale, a Sons of Liberty o a Snake Eater - hanno influenzato, se ben colte, il nostro modo di essere, di vedere il mondo, di pensare. In certi casi, anche la nostra via di rapportarci con gli altri. Il confronto che ho intenzione di attuare in questo post, è tra il capitolo primo che mi ha insegnato tanto, Metal Gear Solid, e, inoltrandomi lungo questi 10 anni di distanza dall'uscita tra l'uno e l'altro, l'ultimo, Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots, che - per quanto paradossale o assurdo possa parere - è stato capace di farmi sorridere alla vita, di realizzare ancora una volta che le grandi emozioni stanno nelle piccole cose. E dentro noi stessi.




L'originale Metal Gear Solid era impregnato della semplice ma affascinante filosofia del Maestro Kojima. Già da allora, quello che è oggi lo sceneggiatore e direttore per eccellenza di videogame made in Japan, trasmetteva messaggi forti, concreti, ottimisti: come il fatto che la vita, in un modo o nell'altro, è sempre capace di offrire una seconda possibilità. Lo scopre Solid Snake che, dopo sei anni da eremita in Alaska, deve scontrarsi - e abbracciarsi - nuovamente con gli altri, con quello che diventerà l'amico di tutta la sua vita, Hal Emmerich, e con l'amore di Meryl Silverburgh. Ma anche con il suo passato, le sue colpe, che lo rimandano al delitto di Big Boss, che tanto lo aveva scosso: Snake deve vedere nuovamente gli occhi dell'amico Gray Fox.
Ed è proprio a Gray Fox che si lega uno dei messaggi più forti dell'intera e ventennale opera: la guerra non è un buon motivo per terminare un'amicizia. Le semplici parole del Serpente, così immediate e apparentemente così assurde, sono un duro colpo al modo d'essere di ciascuno di noi. Noi, che nell'amicizia vogliamo crederci, e a volte ne rimaniamo delusi, altre appagati, da bambini ci ritrovavamo con un messaggio così forte, e così bello: nemmeno la guerra, gli schieramenti opposti, possono portare al tramonto una vera amicizia.
E ad esso, complesso e indecifrabile, si legava il messaggio trasmesso dall'amore di Otacon nei confronti di Wolf: non importa lo schieramento, non importano le idee. In ogni momento, in ogni luogo, due persone si possono innamorare. Ed Emmerich, che ignorando qualsiasi pregiudizio ideologico ed il fatto che Wolf fosse semplicemente un cecchino membro dei terroristi contro cui lui stesso stava lottando, segue solamente i suoi sentimenti. Ha il coraggio di credere in quell'utopia. Perché, se non lo facesse, nulla avrebbe senso. Perché i sentimenti puri sono tutto ciò che abbiamo.
Di amore ci parlano anche, per tutto il plot, gli occhi di Snake e Meryl: se, il primo, dopo essersi convinto di averla persa per sempre, avanza tormentato dai sensi di colpa, dai rimorsi, dal fatto che - è crudo dirlo - non avrei dovuto spingerla a tanto, è tutta colpa mia, la seconda lotta, resiste, chiude gli occhi e affronta la bestialità e la Morte per un solo motivo: volevo vederti di nuovo. Con la forza del cuore, con quella interiore che viene dal profondo, nel momento in cui quella fisica non c'è più, non è più abbastanza, entrambi sconfiggono le loro ombre, e vanno avanti, semplicemente perché lo vogliono, perché non vogliono nemmeno pensare all'alternativa. Perché, se per loro può esistere un futuro, vogliono provare a scoprirlo insieme. Si tratta del primo accenno al concetto della forza di volontà, che verrà consacrato - a nome di entrambi i personaggi - in Guns of the Patriots.
E mentre Raven e Wolf, in punto di morte, varcano il sottile confine tra nemico e amico, mentre Liquid - per quanto folle - muore pur di credere fermamente in qualcosa, è attraverso Naomi Hunter, il suo monologo finale, che si tesse il più forte messaggio di Metal Gear Solid, la sua filosofia di base, la sua affascinante e struggentissima poesia: la vita è un collegamento con il futuro. Tutta la vita. Amandoci l'uno con l'altro, imparando l'uno dall'altro, è solo così che possiamo cambiare il mondo. Finalmente l'ho capito: il vero significato della vita. Le sue parole, così belle e dirette di per loro, sono quasi difficili da commentare. Metal Gear Solid voleva, nel suo epilogo, mostrarci uno dei possibili motivi per cui vale la pena vivere, per cui vale la pena tentarci: il futuro. Una parola incognita che, nel suo concretizzarsi, dipende unicamente da noi stessi. Dalla via che abbiamo intenzione di seguire per costruirlo. L'eredità che Metal Gear Solid ci ha lasciato nel cuore, è che vale sempre la pena di provare a lasciare al futuro un'eredità. Sopratutto, l'eredità più bella: quella di un figlio. I geni esistono per trasmettere i nostri sogni e le nostre speranze al futuro, attraverso i nostri figli. Ecco la verità di Metal Gear Solid: lasciarci comprendere che possiamo in qualche modo vivere il futuro che abbiamo costruito per i posteri. E non attraverso noi stessi, ma attraverso coloro che genereremo come protagonisti di quel futuro. La piccolezza umana, resa magnificente dalla possibilità di andare avanti attraverso qualcun'altro, di darsi un senso nella vita altrui. Questo era Metal Gear Solid, questo era il suo senso estremo. Questa è la filosofia che ce ne ha fatto innamorare.




Il livello filosofico-concettuale della saga è andato ulteriormente approfondendosi nel seguito del capolavoro primo, in quel complesso e difficile Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty che, spostando l'obiettivo da Solid Snake a Raiden, solamente per dare una luce ancora più suprema al primo, attraversava l'analisi della società, della vita, e - ancora una volta, nel suo messaggio più importante - del futuro.
Nonostante la complessità dell'intricato plot, la meravigliosa filosofia di Sons of Liberty può semplificarsi in pochi concetti cardine, assolutamente sbalorditivi ed affascinanti: Raiden, nella sua ambiguità, nel suo non avere un nome, un data di nascita - esse vengono digitata dall'utente all'inizio del capitolo Plant - non è altri che lo stesso giocatore. Una persona normale, che si ritrova fiondata, quasi materialmente, al fianco dell'eroe della sua infanzia. Si tratta forse della più ambiziosa fusione di realtà e videogioco mai immaginata. Non siamo più Snake, ma noi stessi, proiettati al suo fianco. Noi, nella nostra caratterizzazione, nel nostro essere come siamo, accanto alla leggenda che ci ha fatto crescere, che ci ha fatto emozionare, che ci ha dato tanto. E ancora una volta, innanzi a persone che non riusciamo a distinguere mai né come amici né come nemici, siamo soli innanzi all'infinito e sconfinato futuro. Privi di bussola e d'orientamento nell'infinita possibilità di alternative, paralizzati da un'angoscia kiergekaardiana. E di nuovo, è Snake ad insegnarci a rapportarci con il futuro: in una società dominata dal digitale, dall'essere schedati, dall'essere ognuno uguale all'altro, ciò che provi, ciò che senti, quello è sempre reale, ed appartiene soltanto a te. Sta a te decidere cosa farne. Nel globale moderno, fatto di numeri e concetti visti e considerati nel complesso, l'individualità sopravvive nel cuore delle persone, nella loro possibilità, nonostante tutto, di scegliere del loro piccolo, di valorizzare ciò che hanno vissuto e di conseguenza provato, facendone lo scrigno del loro essere unici nella loro individualità. E, insieme a tutto questo, il nostro Io è accompagnato da ciò in cui scegliamo di credere: è quanta fiducia hai intenzione di avere in qualcosa per cui combatti, a decidere il futuro. E' il tramandare a qualcun altro questa fiducia a costruire il mondo di domani, facendo in modo che il nostro essere singoli perduri. Proprio come è già accaduto, in passato: abbiamo ereditato la libertà, da coloro che hanno combattuto per essa. Ma, senza fare spreco di parole, senza interpretazioni spicciole e forse opinabili, è lo stesso Solid Snake a riassumerci, nella sue battute finali da Young, la verità dietro Sons of Liberty, in delle frasi che non hanno nemmeno bisogno di commento: La vita non consiste solamente nel tramandare i nostri geni. Possiamo lasciare ai posteri molto più che il nostro DNA. Attraverso la parola, la musica, la letteratura, i film... Ciò che abbiamo visto, udito, provato. Rabbia, gioia e dolore: queste sono le cose che voglio tramandare. Questo è il motivo per cui vivo. Dobbiamo passare la torcia, e lasciare che i nostri figli leggano la nostra confusa e triste storia attraverso la sua luce. Abbiamo a disposizione tutta la magia dell'era digitale, per farlo. La specie umana avrà probabilmente una fine, prima o poi, e nuove specie governeranno questo pianeta. La Terra non durerà per sempre, ma abbiamo su di noi la responsabilità di lasciare più tracce che possiamo della nostra vita. Costruire il futuro e tenere in vita il passato sono la stessa cosa.




Concetti simili, ma ulteriormente approfonditi, e quasi scherzosamente dipinti in un'epoca mediamente lontana dalla nostra nonostante il fine di insegnarci a vivere nella modernità, sono quelli che animano la filosofia che sta' alla base di Metal Gear Solid 3: Snake Eater. Anzi, nell'ottica della "filosofia del lascito", proprio l'idea di realizzare il prequel di tutti i precedenti episodi assume una funzione suggestiva: conosciamo già la società che verrà dopo l'epilogo di Snake Eater, sappiamo già che ne sarà dei suoi eroi e dei suoi villani. E' con questa particolare chiave di lettura, che nel Mangia Serpenti viene ripresa la filosofia del futuro, degli ideali, degli amici e dei nemici. Già nel primo Metal Gear Solid, Gray e Fox e Solid Snake ci avevano dato prova che nemmeno la guerra, nemmeno la faziosità divergente, può porre termine ad una vera amicizia. Il concetto viene ripreso in Metal Gear Solid 3, ed ulteriormente ampliato: come dice The Boss, non esistono nemici in termini assoluti, coloro contro cui si combatte lo sono solamente in maniera relativa, essi cambieranno col tempo. In un'ottica di Guerra Fredda, di assoluta inconciliabilità per mero confine e ideali politici delle due fette in cui il mondo era diviso, il Maestro Kojima estromette ancora una volta la guerra dai nostri criteri di valutazione dell'altro, poiché un amico è colui che va oltre alla diversità che intercorre tra noi e lui. Amici e nemici di cui si parla in guerra, essi lo sono relativamente alla condizione per cui si combatte, all'ideale che sposano: avere ideali differenti e combattere per difenderli, fino alla fine, non significa essere nemici nella vita. Da ciò viene dedotto che, in quanto confinati alla momentanea condizione di guerra, i nemici nella vita non esistono, non sono null'altro che una nostra triste e spicciola catalogazione mentale.
In questa condizione di lotta continua e spontanea verso ciò che è differente, e che per noi è nemico, il più prezioso alleato di ciascuno è noi stessi: lealtà fino alla fine, lealtà verso te stesso. In tempi che cambiano portando nuovi ideali, e ridistribuendo le pedine sulla fittizia scacchiera di amici e nemici il solo punto cardine, il punto fermo dal quale tentare sempre di ripartire, è noi stessi.
Sempre noi stessi siamo, infine, la voce che porterà al perdurare nel futuro di coloro che sono stati ingoiati nel passato. Le grandi gesta, le grandi parole, le semplici emozioni, spessono non trovano giustizia nella memoria dei posteri, e lasciano un'eredità preziosissima, ma fragile, che un semplice soffio di vento potrebbe cancellare. E' il bagaglio che lasciano dentro ciascuna delle persone con cui hanno avuto a che fare in vita, il patrimonio di cui il nostro cuore è carico quando, una volta che queste persone ci avranno abbandonato per sempre, riusciremo forse a comprenderne davvero l'insegnamento. A dare un senso a tutto ciò che hanno fatto. Quando la Storia non può rendere merito, quando si è troppo piccoli per essere tramandati all'intera umanità, abbiamo ancora un ulteriore mezzo per sopravvivere all'oblio del tempo: il cuore delle persone che ci hanno amato. Come afferma EVA nel Debriefing, riguardo la morte di The Boss, lei voleva continuare a vivere... nei tuoi ricordi. Non come un soldato, ma come una donna. La Storia non verrà mai a conoscenza di ciò che lei ha fatto. Nessuno conoscerà mai la verità. La sua storia, le sue gesta, sopravviveranno solamente dentro il tuo cuore.
Questo è il concetto cardine di Metal Gear Solid 3: oltre all'amore e ai geni (Metal Gear Solid), oltre alla cultura, l'arte e gli ideali (Metal Gear Solid 2), c'è un'altra via attraverso la quale possiamo tramandare al futuro i frammenti di noi stessi: il cuore di coloro che abbiamo avuto vicino. Senza reali nemici o amici, leali ai nostri singoli ideali al punto da essere disposti a morire abbracciandoli, avremo sempre la possibilità di sopravvivere nei ricordi di qualcuno. E di lasciare loro, in questo modo, il meglio di noi stessi.




Dopo aver parlato così a lungo, e in modo così aperto, dell'intera saga Solid, viene quasi difficile spingersi oltre al superficiale dell'epilogo della serie, di quel capitolo che, come si confà ad ogni bella storia, riprende i concetti proposti fin dal prologo, eternandoli in un finale epico, degno di essere ricordato. E' questo, in pochissime parole, Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots.
L'eroe della nostra infanzia, quel Solid Snake di cui abbiamo avuto modo di innamorarci, ritorna invecchiato, scoraggiato, distrutto. Perché non è possibile sfuggire al destino. Perché non sempre, come Naomi avrebbe voluto, le catene del destino - più forti di ogni singolo individuo umano - possono essere spezzate.
Eppure, Snake ha ancora dalla sua parte la forza dell'amicizia di Otacon, la volontà di lasciare ai posteri un mondo che sia degno di essere chiamato tale. Snake è ancora lo stesso di un tempo, l'uomo che, a New York, affermava di stare vivendo per tramandare al futuro la semplicità della sua vita. In un futuro controllato da sistemi automatizzati, dove il denaro ha fatto perdere di vista ogni moralità, dove la scienza continua a divenire il volontario/inconscio nutrimento dell'economia bellica, Snake deve trovare nuovamente la forza di trovare sul campo, di affrontare non i suoi avversari, ma se stesso e il suo destino. La sua stanchezza e i suoi fantasmi.
Con Old Snake, in dieci anni di vita, siamo invecchiati anche noi. Quello Snake ragazzo che ci aveva trovato bambini, ci riscopre adulti, e noi lo ritroviamo anziano. Il tempo: questo è uno dei concetti che fanno capo a Guns of the Patriots. Il tempo reale, quello che noi abbiamo passato accanto a Snake, e quello ludico, quello fittizio e scenico, che sta per uccidere il Serpente una volta per tutte. Che lo costringerà a riporre le sue armi e ad arrendersi, perché la vita non sempre va come avremmo voluto che andasse.
Il più grande valore del messaggio di Guns of the Patriots, la sua più assoluta pietra preziosa, la punta di diamante della sua sceneggiatura, ruota attorno al concetto delle infinite possibilità della forza di volontà umana. Oltre ogni bestialità, contro ogni evento avverso, anche senza più un briciolo di forza in corpo, se davvero credi in qualcosa, se davvero lo vuoi con tutto te stesso, puoi farlo. Perché non è nel tuo corpo, ma nel cuore, la forza che ti consentirà di andare avanti. Lo esprime Old Snake quando, senza forze e sempre più debole, si trascina oltre al corridoio a microonde, verso il GW. Devastato e quasi agonizzante. Lo dimostra Raiden, lottando senza braccia contro un intero esercito. Lo dimostra Mei Ling che, affrontando tutte le sue paure, si ritrova con la sua nave faccia a faccia con dei Metal Gear RAY. E, sposato ad un altro messaggio, lo dimostrano Meryl e Akiba che, completamente crivellati dai nemici, continuano a resistere, fino all'ultima pallottola. Fino a quando, no, non è caduta la mia forza di volontà, sono disarmato, ma ci credo ancora, vorrei potercela ancora fare. E ce la fanno.
Ai due futuri sposi, si legano anche altri concetti filosofici alla base di Metal Gear Solid 4: oltre che dello scorrere degli eventi, la forza di volontà umana è più forte perfino della scienza, degli schemi che la società impone come necessari per affrontare date situazioni. Lo dimostrano chiaramente, resistendo al dolore e ai nemici senza contare sulle nanotecnologie. E, nella medesima scena, Akiba dimostra ancora una volta la forza dell'amore: un uomo che non sapeva affrontare le sue fobie, ma che ci prova, a costo di uscirne a terra, a costo di esserne distrutto, pur di stare accanto alla donna che ama. Pur di sapere di averci perlomeno tentato, di non averla lasciata sola.
E mentre la società è mossa da un ciclo continuo di ripetizioni, da una specie di angosciante eterno ritorno artificiale oscuro e nietzeschiano voluto dai Patriots, in un mondo dove le intelligenze artificiali, a causa del progredire della scienza, hanno dominato perfino sull'uomo, a salvarsi sono ancora una volta i valori del singolo, la fede dell'individuale, la piccolezza dell'umano. Come a fare da specchio alla nostra società, fatta di digitale, velate imposizioni, filtraggio delle informazioni, sempre più interessata ad un abominevole controllo globale elettronico. Anche qui da noi, come nell'universo di Metal Gear Solid, possiamo sopravvivere, possiamo valorizzarci, semplicemente essendo fino in fondo noi stessi, lontani dal nostro finto ed anonimo nichlisimo. La nostra forza di volontà è abbastanza forte da renderci liberi da tutto questo. E' ciò che dice Drebin nel finale, constatando che non vi è poi molta differenza tra le Nazioni Unite ed i Patriots. In un mondo di unioni in cui non siamo interpellati e su cui comunque la nostra opinione non avrebbe di che contare, possiamo ritagliare il nostro angolo semplicemente vivendo da uomini, credendo nei nostri valori. Mai vivendo come automi. La forza di volontà, il nostro credere di volerlo fare, l'amore che proveremo per qualcuno, e che qualcuno proverà per noi, ci spingeranno dentro la piccolezza del nostro universo personale che, per quanto piccolo, sarà comunque puro ed autentico. Se tutti agissimo in questo modo, probabilmente lasceremo anche un mondo di gran lunga migliore alle generazioni future.
Sono gli stessi concetti che Big Boss recita al figlio Snake, nella scena ultima della saga: nonostante tutto, qualsiasi cosa il destino abbia sancito per noi, in qualsiasi cosa siamo stati coinvolti, abbiamo sempre la libertà di ripartire da zero. E quando dallo zero si genererà l'uno, dall'uno il due, dal due il dieci e dal dieci il cento, ci sarà nuova vita. Ci sarà un nuovo mondo, una nuova era. Non esiste destino, innanzi alla forza di volontà dell'uomo. Non è possibile rassegnarcisi, innanzi al valore potenziale che ciascuno di noi nasconde dentro se stesso. Pur in una società di controllo, pur in un mondo di silenzi e dominazioni, siamo liberi di scegliere cosa fare della nostra vita, di renderla autentica, di non adattarci alla realtà in cui - come direbbe Heidegger - ci siamo trovati tristemente deietti come esseri-ci. Abbiamo sempre la possibilità di essere semplicemente noi stessi.
Noi possiamo essere liberi da tutto questo sistema, volendolo. Noi possiamo essere liberi di essere noi stessi: Snake, a pochi mesi dalla sua Morte, è libero di vivere come David, e non più come serpente. Tutte le prigioni in cui crediamo di essere intrappolati possono essere abbattute - e non dalla scienza, come ha tentato di fare Naomi, curando il suo cancro - ma da noi stessi: basta solo percorrerne il sentiero. Ti è stata data la libertà di vedere questo nuovo mondo. Il tuo corpo e la tua anima ti appartengono.
Il destino non è una gabbia: è un'infinità di sentieri da tracciare, in una vita semplice. Dove si piange per chi va via, si sorride per un matrimonio, si perdona ciò che si credeva imperdonabile, si ama chi è importante per noi. Ed ecco che, in tutto questo, torna la filosofia del lascito, del tramandare, che riprende il concetto di Snake Eater: un David quanto mai caduco, incapacitato a lasciare geni e DNA al mondo, nessuna memoria alternativa di se stesso, ha bisogno di avere accanto coloro che lo hanno amato, affinché gli siano testimoni, affinchè tramandino ai posteri il fatto che Snake ha avuto una vita molto difficile, e al contempo che Snake è morto, perché è nato Dave. E Dave è un uomo finalmente libero di vivere.
In realtà, in un mondo sovvertito nel suo ordine obbligato dal nuovo e dall'inaspettato - il genio unico di Sunny, l'ultimo arrivo che sconvolge il perpetuo - Dave lascia al futuro molto più di quanto non immagini: lascia un mondo che può ricominciare, un sentiero diramato da percorrere secondo la propria discrezione. Tracciato solamente con la sua forza di volontà. Dave lascia un mondo libero di essere come le persone lo creeranno. Ed è quello che, come ultima volontà, ha fatto anche Naomi.
Dave lascia il mondo consapevole che l'alba non si estingue mai, nonostante tutto, che il sole sta sorgendo ancora. E Big Boss, metaforicamente, sapeva che non c'è niente di meglio.


Non è forse tutto questo, questi concetti e queste emozioni, queste lacrime e queste canzoni che ci accompagnano da anni, non sono forse pure filosofia?
So che c'è qualcosa che anche noi vogliamo tramandare, che va oltre il DNA, oltre la letteratura, l'arte, la musica, la memoria delle persone. E' l'insegnamento che Hideo Kojima, e Snake attraverso di lui, sono stati capaci di darci. Ecco qualcosa d'altro che vale davvero la pena tramandare. Ecco una piccola fetta dell'eredità che lascerò volentieri al futuro.

Costruire il futuro e tenere in vita il passato sono la stessa cosa.
Semper fi,
Stefania Sperandio

domenica 13 luglio 2008

Metal Gear Solid on PlayStation 3

Noi di Metal Gear Web, tempo prima dell'uscita dell'ultimo capolavoro della Kojima Production avevamo proposto sul web una petizione per un serio remake del primo Metal Gear Solid sulla PlayStation 3. Attenzione, non continuate a leggere se non avete finito MGS4, perchè potreste andare incontro a qualche spoiler.
In realtà un primo remake, come tutti già saprete, fu sviluppato esclusivamente per Nintendo GameCube e pubblicato in Europa il 26 Marzo del 2004, ma non riuscì a riprendere l'atmosfera dell'originale, mancando anche di alcune importanti O.S.T. in momenti cruciali.
E poi dopo aver giocato a Metal Gear Solid 4, più che giocato aver visto quel strepitoso film che è Metal Gear Solid 4, sarebbe giusto rivedere su PS3 ciò da cui tutto ebbe inizio. E' a Shadow Moses che le nostre emozioni iniziarono e praticamente a Shadow Moses molte delle nostre emozioni in MGS4 finiscono. Perchè non riviverle con un taglio cinematografico come quello mostrato in Guns of the Patriots?
Per molti il primo Solid è ancora il migliore in assoluto, proviamo anche solo minimamente ad immagine che assoluto capolavoro verrebbe fuori con un rifacimento di Shadow Moses su PS3.
E dico questo mentre nella TV affianco vedo mia sorella che gioca a Guns of the Patriots, signori che sceneggiatura, sembra di vedere un film al cinema!
Inoltre buona parte di Shadow Moses è stata già rifatta col motore grafico di MGS4, per cui non ci sarebbe nemmeno troppissimo lavoro da effettuare per la Konami.
Se qualcuno di voi la pensasse allo stesso modo e avesse voglia di darci una mano, abbiamo aperto una petizione al seguente link: http://www.petitiononline.com/z7111/
Abbiamo superato la quota delle 2000 firme, ora abbiamo intenzione di passare a farci pubblicità in siti e riviste di videogames, sperando di ricevere una mano.
Quando avremmo un buon numero di firme gireremo la richiesta con la petizione alla Konami e alla Kojima Production. Ma per farlo ci serve il vostro aiuto.
E allora: firmate!

martedì 17 giugno 2008

Il meglio è arrivato

La prima domanda sorge spontanea? Metal Gear Solid 4 ci ha dato veramente ciò che volevamo?
Guns of the Patriots, per riprendere il nostro sondaggio sulle aspettative è un mix di emozioni, una sintesi tra film e videogame e probabilmente il miglior episodio della saga.
Non è facile sostenere ciò, dopo che almeno per il sottoscritto, per 10 anni nessun MGS era riuscito a spodestare il primo episodio per PSX apparso nel lontano 1998, quello che ha fatto innamorare tutti noi di quel capolavoro videoludico chiamato Metal Gear Solid.
Guns of the Patriots è il capitolo finale della nostra saga, mette definitivamente la parola "The End" alla storia di Solid Snake e a quella di tutti i personaggi a lui collegati. Da oggi non ci sarà più nessun Solid Snake, nessun Raiden, nessun Campbell, nessuna Naomi Hunter, nessuna Meryl Silverburgh. Tutti questi personaggi che noi abbiamo imparato ad amare hanno chiuso il loro ciclo. E' triste pensare ciò se si considera che siamo cresciuti con loro, che ci siamo emozionati con loro.
Parlare di MGS4 senza andare incontro a spoiler è difficile, ma ci proverò comunque. Innanzitutto l'ultimo capolavoro di Kojima non è un videogioco, è un film vero e proprio. La prima volta che lo si vive si cerca di completare il più velocemente possibile le parti giocate, per arrivare al prossimo video. I tagli cinematografici sono stupendi, Kojima non ha nulla da invidiare ai vari registi hollywoodiani, dove forse anche a riguardo ha, invece, qualcosa da insegnare. Perfino alcune scene di gioco sembrano un film, MGS4 è davvero la perfetta sintesi tra cinema e videogioco.
Una volta completato, si rimane con un senso di vuoto e un dubbio viene spontaneo: MGS4 è un capolavoro o un gioco al di sotto dei precedenti? Dopo qualche ora di riflessione la risposta vien da sè: si tratta della più grande opera che abbia visto la luce negli ultimi 20 anni. Tutte le risposte alle domande che ci eravamo posti sono incarnate in quest'opera, è il momento della consacrazione di ogni singolo dettaglio di Metal Gear Solid.
Il senso di vuoto è dato dalla nuova concezione di MGS che Guns of the Patriots ci da: perfino le parole di Naomi del finale del primo capitolo ( "L'importante è che tu abbia scelto la vita. E allora vivi Snake." ) assumono un'altra sfumatura, più triste e più profonda di quel che ci sono mai potute sembrare.
Chi sono i Patrios? Esistono davvero? Quant'è bella la vita? Cosa dobbiamo trasmettere alle prossime generazioni? Le esperienze possono cambiare una persona? E se si, in meglio o in peggio?
Metal Gear Solid 4 risponde a tutte queste domande, perché evidentemente anche un videogioco può far crescere una persona. E perché dopotutto Guns of the Patriots non è un videogioco, ma semplicemente un'esperienza di vita che va vissuta fino in fondo, in grado di commuoverci e cambiarci come fece 10 anni fa.
Non credevo che sarei mai arrivato a sostenere ciò, ma:
Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots è IL Metal Gear Solid per eccellenza.
Grazie Maestro Kojima, per averci concesso quest'ultimo Capolavoro.

giovedì 12 giugno 2008

Sneak out!

Questa è la data che abbiamo atteso, insieme, fin dal lontanissimo 18 Maggio 2005, quando un divertente teaser trailer, all'E3, ci annunciava il ritorno di Kojima alla direzione di Metal Gear Solid. Questo è il giorno che abbiamo atteso tutti insieme, quello della rivelazione, della caduta di ogni mistero, della consacrazione d'ogni dettaglio.
Questo è il giorno di Metal Gear Solid, oggi più che mai, che - con il suo quarto episodio - conclude la sua evoluzione e la massima espressione di se stesso come concetto limite di videogioco e concetto infiltrato nella cinematografia.
Oggi, Metal Gear Solid 4 ci attende, siamo stati noi ad attenderlo per tre anni, e la grande famiglia che ha amato la saga per più di vent'anni, ormai, gli si riunisce attorno, per sapere cosa c'è di nuovo. Per sapere cosa c'è di vecchio. Per sapere qual è l'epico epilogo di una storia magnifica, con cui siamo cresciuti.
E' tutto nostro, ragazzi, il sogno oggi diventa realtà. Godiamocelo insieme.
Buon Metal Gear Solid 4 a tutti.

giovedì 29 maggio 2008

Concretamente epilogo

Cosa possiamo aspettarci? Cosa possiamo aspettarci da quello che ci viene annunciato come la perfetta sintesi tra cinema e videogame? Cosa dovremmo sospettare riguardo un titolo che, al momento, ha ricevuto la sua peggior valutazione con un giudizio pari a 18/20?
Abbiamo aspettato tanto. Era il settembre del 2005, la prima volta che ci venne mostrato Old Snake. Sono passati quasi tre anni, fianco a fianco, li abbiamo trascorsi insieme, interrogandoci, divertendoci, fantasticando, esaltandoci, supponendo, sbagliando, ricredendoci. Ora, quei giorni che tanto abbiamo atteso sono giunti, quelle fantasie che erano sempre progettuali, lontanissime, future, ci si stanno concretizzando davanti agli occhi, ed il solo pensiero già ci emoziona.
La nostra saga è giunta al termine, e l'epilogo, il momento più bello di qualsiasi libro, quello che esprime la poetica ed il messaggio ultimi del suo autore, attraverso la fine e la gloria dei suoi eroi, è qui, sotto ai nostri occhi. Ci manca giusto il tempo di scartarlo, di scoprirlo.
A cosa andiamo incontro? Che cosa vorremmo scoprire, che cosa vorremmo trovare, che cosa vorremmo provare? Come vorremmo finisse? Proviamo a dircelo qui. Proviamo ad esprimerlo uno ad uno, su questo blog, se abbiamo ancora parole per farlo.
Abbiamo ancora diverse ore, una manciata di giorni, per fantasticare tutti insieme, per rimettere insieme i tasselli a modo nostro, per il solo gusto di farlo, di sentirsi vicini, di dire la propria. Quando giungerà il 12 giugno, sarà giunto il tempo di far cessare le supposizioni.
Sarà giunto il tempo di emozionarsi ancora.

lunedì 12 maggio 2008

Una morale di vita

Snake: "Meryl? Meryl! Perdonami... Ho fallito! Mi sono arreso di fronte alla paura, mi sono arreso di fronte al dolore! Ho venduto la tua vita per salvare la mia... Sono una nullità... Non sono l'eroe che credevi... Io non sono niente! Meryl... mi dispiace... Perdonami..."
Otacon: "Meryl non è più in grado di perdonare nessuno".
Snake: "Otacon?"
Otacon: "E' andata, Snake".
Snake: "Per colpa mia..."
Otacon: "Penso che compiangerti renda la cosa più sopportabile. In questo modo, puoi tenere il dolore a distanza di sicurezza".
Snake: "Che diavolo ne sai tu! Meryl è morta, ho fallito!"
Otacon: "E allora? Resterai qui a morire? Insieme a lei? Snake... la gente muore, ma la morte non è una sconfitta. Questo era quello che diceva Hemingway. Anch'io ho perso Wolf, ma non è stata una sconfitta. Io lei, saremo insieme per sempre. Non abbiamo perso niente".
Snake: "Insieme per sempre?"
Otacon: "Wolf è morta, è vero. Ma il nostro amore non è morto con lei. La vita è più di una partita dove si vince o si perde, non credi? Viviamo, Snake".
Snake: "Otacon... sei cambiato".
Otacon: "Ho finito di guardare al passato... La vita non è una perdita continua, sai?"
Snake: "Ok... andiamo... Meryl, spero che tu possa ancora vedermi. Forse riuscirò a dimostrarti di valere qualcosa, dopotutto..."
----------------------------------------------------------------------------------
Ogni persona nasce con il suo destino scritto nel proprio codice genetico. E' immutabile. Ma la vita non è solo questo, finalmente l'ho capito. Ti ho detto la ragione per cui mi sono interessata ai geni e al DNA: perché volevo scoprire chi ero, da dove venivo. Pensavo che, analizzando il mio DNA, avrei potuto scoprire chi ero, chi erano i miei genitori. E pensavo che, una volta che lo avessi saputo, avrei saputo il sentiero da percorrere nella vita. Ma mi sbagliavo. Non ho trovato niente. Non ho imparato niente. I geni esistono per trasmettere i nostri sogni e le nostre speranze al futuro, attraverso i nostri figli. La vita è un collegamento con il futuro. Tutta la vita. Amandoci l'uno con l'altro, imparando l'uno dall'altro, è solo così che possiamo cambiare il mondo.
Finalmente l'ho capito: il vero significato della vita. Grazie, Snake...

Meryl: "Guarda, ho trovato questo".
Snake: "Teniamolo con noi, come ricordo".
Meryl: "Di cosa? Il ricordo di una missione vittoriosa, oppure della prima volta che ci siamo incontrati?"
Snake: "Un ricordo di come vivere. Fino ad oggi, ho vissuto solo per me stesso. La sopravvivenza è stata l'unica cosa di cui mi sia mai preoccupato".
Meryl: "Non sei l'unico... Per tutti è così".
Snake: "Mi sentivo vivo solo quando fissavo la Morte negli occhi... Non lo so, forse è scritto nei miei geni".
Meryl: "Dove andiamo ora, Snake?"
Snake: "David. Mi chiamo David".
Meryl: "Okay... Dove andiamo ora, Dave?
Snake: "Penso sia giunto il momento di cercare un nuovo sentiero nella vita".
Meryl: "Un nuovo sentiero?"
Snake: "Un nuovo scopo".
Meryl: "E lo troveremo?"
Snake: "Lo troveremo. So che lo troveremo".
Meryl: "Ehi, che animali sono?"
Snake: "Caribù. Per gli Aleutiani, il caribù è il simbolo della vita. Presto qui sarà primavera".
Meryl: "Anche per noi".
Snake: "Sì, la primavera porta ovunque nuova vita. E' il tempo della speranza. Sono vissuto qui per molto tempo, ma l'Alaska non mi era mai sembrata così bella... Il cielo, il mare, i caribù. E, più di tutto... tu".
Meryl: "... è bello, vero? Essere vivi..."


Volevo che il terzo compleanno di Metal Gear Web lo festeggiassimo così. Riuniamoci in queste parole perché, ancora oggi, ci fanno struggere e commuovere. Perché, che lo si neghi o meno, hanno in qualche modo influenzato ciò che siamo.

venerdì 9 maggio 2008

La trepidazione ultima

Risulta piuttosto difficile, nel 2008, ricordare una trepidazione ed un'attesa simili a quelle odierne, alla quasi vigilia dell'uscita di un colossal videoludico sul mercato. Voci che si rincorrono, idee che spasmodicamente si susseguono, suggestioni ed ipotesi che pleonasticamente si ripetono, rimbalzando da un antro all'altro del web. Non è il primo episodio che vedrà la luce, a dire la verità sarà - anzi - l'ultimo, eppure, forse proprio per questo, viviamo ogni istante come se fosse la prima volta.
Noi, piccolo enorme ed unito popolo devoto ai Serpenti e al Maestro Kojima, ci stringiamo insieme, tra le nostre community, i nostri blog, le nostre farneticazioni e, perché no, le nostre migliori fantasie ed aspettative, in attesa di quell'epilogo che, ora pare, ora non pare, darà una risposta a ciascuna delle nostre domande. O, almeno, per quanto riguarda le domande legate al ventuenne intreccio metalgeariano.

E quanta strada abbiamo percorso insieme, noi e Solid Snake. Parlando meramente da Stefania, e non da amministratrice di Metal Gear Web, dicevo pochi giorni fa ad un'amica - l'utentessa The Joy, sul nostro forum - che difficilmente dimenticherò, nel corso della mia vita da videogiocatrice, questi momenti, questi giorni di attesa, di supposizioni, di follie collettive. Ognuno ha da proporre una sua teoria, ognuno è a caccia della news, qualcuno evita volontariamente gli spoiler e qualcun'altro, invece, non fa che andarseli a cercare, perché quel 12 giugno, maledizione, è ancora troppo, davvero troppo lontano. E allora si finisce così, a passare interi pomeriggi con chi, per quanto virtualmente, condivide la nostra passione, le nostre sensazioni. Con chi è in grado di capirle. Raramente, quanto durante le grandi fiere videoludiche che rivelavano nuovi dettagli di Metal Gear Solid 4, ed ora - in questi ultimi giorni di attesa - mi è capitato di vedere una famiglia metalgeariana così unita, così partecipe, capace di rendere così manifesta, così rumorosa, la sua più grande passione, il suo straordinario entusiasmo.

Ed è strano vedere unirsi persone di età vicine, ma di generazioni ugualmente diverse: noi, della vecchia guardia, che il mito di Metal Gear Solid lo abbiamo visto nascere su PlayStation dieci anni fa - per quanto ancora fossimo ignari dei suoi illustri genitori su MSX - e che idolatriamo, veneriamo ed adoriamo ciascuna delle parole del suo copione: dal trucco delle chiavi PAL ai loschi piani della ArmsTech, dalla crescite interiore di quello che ci era stato presentato come dottor Emmerich al personalissimo dramma di Solid Snake, dalla purezza di Meryl alla spietatezza di Ocelot, fino alle lacrime per la morte di quelli che abbiamo odiato per i loro raggiri e la loro abilità, come Wolf, Mantis, Raven. Concludendo con la straordinaria caratterizzazione di Liquid Snake, un personaggio rimasto nella storia dei videogiochi.

Dopo di noi, subito a seguire, la seconda generazione di Metal Gear Solid, i ragazzi che, ai tempi di Shadow Moses, erano ancora dei bambini troppo piccoli per poter esprimere la loro volontà di perdersi in un meraviglioso mondo realistico-alternativo. E così, i nove, forse dieci o undici anni necessari a rendersi discepoli di Solid Snake e del genio di Kojima, loro li hanno avuti intorno al 2002, giusto in tempo per inoltrarsi nel mondo dell'incompreso Raiden, dell'avventura in ombra di Solid Snake. In questo, forse, siamo diversi: non avendo vissuto Shadow Moses, i ragazzi della Sons of Liberty Generation hanno sviluppato un rapporto differente con il mito dell' uomo capace di rendere l'impossibile possibile, ma sono stati in grado di emozionarsi, sentirsi coinvolti, rimettere insieme i pezzi dell'incredibile puzzle che gli si componeva sotto gli occhi, e dal quale - sei anni dopo - sarebbe scaturita l'alba del tanto agognato Metal Gear Solid 4.

Sono in pochi, ma ci sono, i figli della terza generazione Solid, quella di Metal Gear Solid 3, che non solo hanno vissuto in un'ottica differente il mito di Solid Snake, ma addirittura hanno visto venirgli anteposto quello di Naked Snake - alias arcinoto di Big Boss - e che hanno quindi fatto esperienza della nostra saga preferita in una maniera completamente invertita e, proprio per questo, affascinante; così invertita da poter vedere Naked come buono, e Solid - suo assassino - come cattivo. La generazione che ha fatto di Loyal to the end il suo motto di vita, e che quella Guerra Fredda così lontana dai loro giorni, l'ha conosciuta e studiata non attraverso un libro o un documentario, ma tra le righe e le battute di una sceneggiatura magistrale, matura e struggente.

Così, siamo tutti qui, la grande famiglia di Metal Gear Solid. Ognuno nella sua generazione, ognuno capace di emozionarsi per spunti differenti, di amare personaggi diversi per i motivi più svariati. Insieme, attendiamo il 12 giugno; insieme, ci domandiamo se, con il quarto Metal Gear Solid, nascerà anche una quarta generazione di fans, se proveranno le nostre stesse sensazioni, se sapranno amarne i contenuti così come noi abbiamo fatto, ai nostri tempi.
Ed ora noi, vecchietti della saga, cos'altro possiamo fare se non attendere, crogiolandoci nelle nostre chiacchiere e nelle nostre teorie? Godetevi questa attesa, perché ha un sapore tutto suo, particolare, già di per sé emozionante ed atipica, così come Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots si è promesso d'essere. Discorrete, fantasticate, teorizzate e ridete con chi più è capace di capire la vostra passione, perché le parole e le opinioni che vi scambierete faranno parte, tra cinque o sei anni, dello stupendo bagaglio di emozioni che Guns of the Patriots vi lascerà nel cuore. Ecco cosa significa essere una vera famiglia metalgeariana. Arricchiamoci l'uno l'altro quel bagaglio, fino ad emozionarci ancora, tutti insieme. Fino all'alba di un nuovo mito.

mercoledì 7 maggio 2008

Il concetto limite di videogioco

Questo post è stato pubblicato il 21 Giugno 2007 come editoriale sul portale http://www.metalgearweb.net/ .

Ogni era videoludica ha avuto i suoi portavoce: qualche tempo fa - più o meno quando io nemmeno ero nata - non si poteva fare a meno di divertirsi con Tetris e con PacMan. Poi fu la volta dei videogame più impegnativi, come Super Mario del celeberrimo Miyamoto. Solo anni dopo la nostra saga, che aveva già visto nascere Outer Heaven e Zanzibar Land, che avevano incantato il Giappone, si impose all'attenzione dei mass media e del pubblico come vero e proprio colossal: quando fu presentato il primo trailer di Metal Gear Solid, all'E3 del 1997, tutti gridarono al miracolo e si dichiararono increduli. Non credevano ai loro occhi e, ancor meno, alle loro orecchie, mentre il maestro Kojima - allora un ragazzino - parlava, gli spiegava in cosa effettiva consisteva il suo ambizioso ma poi riuscitissimo progetto.
Ma perché? Perché Metal Gear Solid non è mai stato, né mai sarà, un semplice e disimpegnato videogame? Cos'ha in più degli altri colossal che cercarono e cercano tutt'ora di attaccare il suo trono, come Syphon Filter e Splinter Cell? Precisando il fatto che questo editoriale non vuole essere portavoce di una game-war (anche perché non ci sarebbe assolutamente competizione), ma semplicemente un'analisi dei caratteri portanti della nostra saga preferita, mi arrogo il diritto di proseguire.

Innanzitutto, Metal Gear Solid non ha mai avuto, in nessun profilo ed in nessun episodio, niente di scontato: dal progetto Les Enfantes Terribles ai Patriots, dall'Eredità dei Filosofi al figlio di The Boss, dalla tematica del parricidio all'amicizia di Solid e Fox. Il maestro Kojima non è mai caduto nel banale e, sopratutto, non è mai caduto nel patetico, adagiandosi sull'onda del successo commerciale e lasciandosi cullare dai profitti che, capolavoro o no, sarebbero arrivati comunque. Mai. Ed ecco una prima caratteristica portante del nostro capolavoro: chi produce Metal Gear Solid ama farlo. Non lo fa per esclusivo guadagno o perché deve, ma perché vuole. E così vediamo l'immagine del maestro Kojima che, biro alla mano, si siede alla sua scrivania, cercando di spiegarci, nel prossimo episodio, dove sia finito il figlio di Olga, chi siano i Patriots e, maledizione, che razza di dannata fine farà Solid Snake?
Metal Gear Solid non ha mai preteso di essere un semplice videogames: criticato dagli invidiosi e dagli amanti del gameplay immediato per l'infinita mole di sequenze video che esplicano la trama nel corso del gioco, è sempre stato molto più simile ad uno straordinario film che non ad un videogame. Ma la sua sceneggiatura glielo permette, e non annoia mai. Giocare a Metal Gear Solid è come leggere un fantastico libro: si smania per arrivare al capitolo successivo, impazienti di scoprire cosa potrà mai accadere e, sopratutto, come andrà a finire. Partendo sempre da presupposti semplici - bloccare un gruppo terroristico che minaccia di lanciare un missile nucleare, riportare a casa le prove della presenza del RAY in una nave Marine, riportare negli Stati Uniti il dottor Nikolai Stepanovich Sokolov - Kojima riesce a diramare la storia, ad espanderla sempre più senza mai fossilizzarsi su un protagonista e su un antagonista, ma creando personaggi dinamici e reali, pur laddove fantasiosi (vedasi Mantis, Octopus, Vamp o la Cobra Unit) che, con parole sue, non appaiono, ma respirano.
Così, per fare un esempio classico, se Gabriel Logan è un agente tutto muscoli e mitragliatrice che alle parole preferisce di gran lunga i fatti, Solid Snake è un uomo tormentato dal passato e dal parricidio, coperto da una maschera che cela le sue paure scoprendo solo la sua ruvida facciata di soldato. E se Logan nell'ultimo Syphon Filter è identico a com'era nel primo, Snake no, perché Snake è un personaggio che ha vissuto, con noi e per noi, la storia di cui era protagonista, è un personaggio a cui i fatti non scivolano addosso. Come Kojima ha voluto dirci "insegnando agli altri, imparando l'uno dall'altro, solo così possiamo cambiare il mondo". Ed arriviamo ad uno Snake che ha imparato ad amare, a fare amicizia, a lottare, a morire.
Se Lian Xing è un altro personaggio statico, inserito in Syphon Filter semplicemente per fare da spalla al protagonista e per dare un tocco di femminilità all'azione, Meryl Silverburgh è dinamica addirittura all'interno del medesimo episodio: non è la spalla di Solid Snake, ma un personaggio a sé stante, molto di più che una semplice voce al Codec. Così, se all'inizio abbiamo una Meryl strafottente ma impaurita, al termine del primo episodio abbiamo un'adolescente che è appena diventata donna, che ha capito il valore della sua vita e che ha scoperto cosa significhi innamorarsi. E che ha imparato a combattere, al punto da divenire, in Guns of the Patriots, nuovo leader della a sua volta nuova Fox-Hound. Che cosa dire poi invece di Gray Fox? Fox, forse unica vera immagine dell'eroe classico per eccellenza, che combatte per un ideale senza mai perderlo di vista, a costo di morire, e che non volta mai le spalle a chi ha amato, umano e generoso, ma anche deciso e sanguigno, è un personaggio pulsante, uno dei più amati della serie, se non addirittura il più amato. E Raiden? Stiamo parlando forse del personaggio più complesso e più profondo dell'intera saga e di tutta la storia dei videogame, perché Raiden siamo noi stessi, fianco a fianco con Solid Snake. Siamo noi, raggirati dalla finta realtà, che crediamo di avere una vita normale e non ci poniamo troppe domande, che combattiamo nell'immediatezza e non contro di essa, che da Solid Snake abbiamo così tanto da imparare.
Che cosa dire allora degli antagonisti? Quanti di noi amano il fantastico personaggio di Revolver Ocelot, immortale ed infallibile, triplogiochista (o forse anche di più) eppure insostituibile nel cuore dei fans della serie. E Sniper Wolf? Lottiamo contro di lei per vendicarci di quanto accaduto a Meryl, perché ci provoca e ci insulta, perché - dannazione - la odiamo con tutti noi stessi per come ci tratta e per come agisce. La crivelliamo di proiettili, e dopo? Dopo piangiamo assistendo alla sequenza della sua morte.
Non parliamo di The Boss, allora. La donna mentore di Naked Snake, eroina perfetta, che pur di difendere il suo protetto e la sua patria accetta di morire, che non si tira indietro nemmeno innanzi alla paura. Uno dei personaggi che, in questi vent'anni di Metal Gear, ci ha insegnato di più. E non dimentichiamoci nemmeno lui, Naked Snake, da cui tutto inizia. E, chi lo sa, magari per via del quale tutto quanto termina.

In tutto questo, cosa effettivamente rimanda al concetto classico di videogame? Cosa? Con un'impostazione cinematografica, una sceneggiatura sorprendente e mozzafiato, un cast di personaggi assortito ed incredibile, un reparto sonoro hollywoodiano ed un doppiaggio sempre e comunque eccellente, anche nel lontano 1998, Metal Gear Solid non può essere considerato un semplice videogame, né pretenderebbe di esserlo. È, infatti, molto ma molto di più: è l'unione di tantissime forme d'arte. L'arte grafica, l'arte del disegno, l'arte musicale, l'arte della narrativa, l'arte cinematografica.
La conclusione giunge spontanea.
Metal Gear Solid non è un videogame. E non è nemmeno un film. È un'opera d'arte nata da menti e mani straordinarie. Ed ecco perché difficilmente troverà un suo eguale: quelle menti e quelle mani lavoreranno esclusivamente per lui. E per noi.

I vent'anni del Serpente

Il messaggio seguente è stato pubblicato, come editoriale, in data 7 Luglio 2007 dal sito http://www.metalgearweb.net/ . Si tratta della celebrazione del ventennale di Metal Gear Solid.

Vent'anni insieme a te. Vent'anni di emozioni e devozione, vent'anni di arte e capolavori. Vent'anni stretti forte sul genio del Maestro Kojima, vent'anni aggrappati al Metal Gear, a fermarlo, ad aiutare Snake, di qualunque Snake si trattasse, a compiere la sua nuova missione. Vent'anni, signori, qualcosa in più di 7300 giorni.
Mentre scrivo questo editoriale, le casse del mio stereo recitano le colonne sonore che hanno accompagnato la saga, i loro pezzi migliori, qualcosa di così emozionante che forse basterebbe di per sé a definire lo spessore della nostra saga preferita. Vi dico solamente che la prossima canzone in tracklist è The Best is yet to come.
Ed il maestro ce lo aveva detto, che il meglio doveva ancora venire.

Nel 1987 io nemmeno ero nata, Metal Gear sì. Nel 1990, quando uscì Metal Gear 2: Solid Snake, avevo un anno. Nel 1999, quando uscì in Europa Metal Gear Solid, di anni ne avevo dieci, e fu allora che conobbi la serie. Se ne parlava tanto, dappertutto. Mi ero appena avvicinata al mondo dei videogames, e tutte le riviste su cui avevo la fortuna di mettere le mani titolavano che quel gioco, che io pronunciavo "Metal Ger Solid" sarebbe stato il capolavoro del 1998, che si trattava di un successo annunciato e che non avrebbe potuto essere altrimenti. Un'anteprima realizzata da Ufficiale PlayStation Magazine nel 1998 intervistava il giovane maestro Kojima, ricordava che gli chiedeva se non trovasse diseducativo per i più giovani giocatori creare un eroe accanito fumatore. La stessa anteprima, parlava anche di due episodi precedenti al capolavoro annunciato, un tale Metal Gear ed un tale Metal Gear 2: Solid Snake. Quando acquistai la PlayStation, nel cd demo incluso potei leggere che era presente Metal Gear Solid. Subito andai a cercarlo per provarlo, impaziente, ma riuscii a scorgerlo solamente nella sezione video. in niente più che, signori, il trailer presentato all'E3 1997. Osservando il trailer, ne rimasi comunque profondamente colpita, e promisi a me stessa, bambina di dieci anni, che in un modo o nell'altro avrei provato a giocare a Metal Gear Solid.
Quando ci riuscii, fu solamente grazie al demo pubblicato da Ufficiale PlayStation Magazine del Febbraio 1999, che trovai tra gli arretrati in edicola in un maxi raccolta.
Fu quel giorno che conobbi davvero Metal Gear Solid. Quando ricevetti la versione completa in dono era il Natale 1999. Lo giocai, lo temetti, lo amai, lo criticai, lo compresi, lo seguii infinitamente e lo venerai. Giurai che, quando avrei avuto un PC, avrei realizzato un sito insieme a mio fratello Rob, e che sarebbe divenuto il miglior sito completamente in italiano dedicato a Metal Gear Solid. Piccoli bambini con grandi progetti in testa. Non poteva essere altrimenti, con davanti un grande capolavoro.

Da quel giorno, da quel mercoledì di marzo in cui terminai per la prima volta Metal Gear Solid e durante il finale del quale dovetti impegnare tutte le mie forze per non piangere, il mio amore per Metal Gear esplose. Mi pare che fossimo oramai nel 2000. Il 5 Maggio 2001 nacque il progetto del nostro sito, successivamente chiamato "In the Darkness of Shadow Moses". L'8 Marzo 2002 uscì Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty. Il 26 Marzo 2004, giornata che non dimenticherò mai in tutta la mia vita, uscì Metal Gear Solid: The Twin Snakes, il remake del mio capolavoro assoluto preferito. Nell'ottobre 2004, nacque il progetto Metal Gear Web.net. Il 4 Marzo 2005 uscì Metal Gear Solid 3: Snake Eater. Il 12 Maggio 2005, venne reso pubblico il progetto Metal Gear Web.
Ed intanto, l'amore continua.

Una cosa è certa: quel giorno, quando lessi quell'anteprima del 1997 dedicata al primo capolavoro di Kojima, non avrei mai pensato che, oggi, saremmo arrivati a questo. Non avrei mai pensato di trovare degli amici accomunati dalla mia stessa passione e, sopratutto, non avrei mai pensato di scoprire che, in tanti, hanno una storia uguale o simile alla mia. E' che Metal Gear Solid è davvero molto di più che un videogioco. E' il mondo parallelo degli idoli di tutta la nostra infanzia, è l'ammirazione per la forza di Snake, per il genio di Kojima. Metal Gear è un vero e proprio pezzo della nostra anima, che difficilmente ci dimenticheremo. Un semplice videogioco non può compiere vent'anni rimanendo sempre e comunque sulla cresta dell'onda e, sopratutto, senza scendere mai di tono, senza mai rovinare il suo prestigio. In pochissimi, nel mondo videoludico odierno, rimangono capolavori per vent'anni.
Scusate se quasi mi commuovo, è che rivedo l'immagine di quella bambina entusiasta che dannava per superare la sparatoria alla prima torre di comunicazione. E scusatemi anche se immagino i ragazzi dello staff, mio fratello, anche loro bambini, felici della loro copia di Metal Gear Solid. Scusatemi se immagino un piccolo Big Snake accendere con entusiasmo la sua PlayStation e gettarsi sul suo capolavoro. Scusatemi se ricordo un piccolo Snake22 affrontare uno sconosciuto Cyborg Ninja ai laboratori di Shadow Moses.
E scusatemi se immagino fare la stessa cosa anche tutti voi che state leggendo.
Metal Gear Solid fa indelebilmente parte della nostra vita, perché è stato l'amico di tutta un'infanzia, quel qualcosa in più che gli altri ragazzini non capivano quando ne parlavamo, quel piglio d'arte che ci ha fatto scrivere, ci ha fatto disegnare, ci ha fatto comporre, emulare, disegnare.
Vent'anni dopo, Metal Gear è ancora qui. Sei anni dopo, noi siamo ancora qui. Ci abbracciamo anche se lontani, veneriamo il Maestro pur senza averci mai parlato o senza aver mai toccato la sua mano. E' che c'è qualcosa che vale più di qualsiasi distanza: la passione. Ed innanzi al nostro amore per Metal Gear, innanzi ai suoi vent'anni, mentre ciascuno è nella sua abitazione, è come se fossimo tutti insieme, perché tutti, nello stesso istante e con lo stesso angolo di cuore, ci sentiamo commossi mentre pensiamo alla stessa cosa.
Tutto lo staff di Metal Gear Web.net vuole augurare a Konami e Kojima Productions altri vent'anni di successo, altri vent'anni di vita gloriosa per il suo capolavoro. L'intero staff porge i suoi auguri ad ogni singolo fan della serie, perché questa è una giornata speciale per ciascuno dei nostri fratelli. Per tutti coloro che hanno scoperto di avere un angolo del cuore, anche se piccolo, dedicato a Solid Snake.