mercoledì 30 luglio 2008

L'Eredità del Filosofo

Attenzione: questo post contiene spoiler (anticipazioni) che svelano in gran parte l'intera trama della ventennale opera di Metal Gear. Non inoltratevi nella lettura se non avete completato ciascuno degli episodi, o rischierete di rovinarvi le sorprese di cui essi sono densi.


Nell'indimenticabile istante in cui una saga si conclude, è semplice commuoversi, sentirsi al contempo pieni, svuotati, sorpresi, delusi. Si tratta di un ibridarsi di emozioni indecifrabili, incapaci di sopraffarsi l'una con l'altra, fino a quando il tempo, la riflessione, il dipanarsi dell'empatia, non riordinano uno ad uno i tasselli del puzzle interiore che il capolavoro ci ha regalato. Il vero significato di un'opera, si comprende solamente nel momento in cui è chiaro il valore che essa ha assunto nella nostra vita di tutti i giorni. Nel momento in cui riusciamo a comprendere quanto di noi appartenga a quest'ultima.
Noi, in un modo o nell'altro, con Metal Gear Solid ci siamo cresciuti: è stato inevitabile che le emozioni, le paure e i messaggi che quest'ultimo ci ha trasmesso - appartenessero essi all'originale, a Sons of Liberty o a Snake Eater - hanno influenzato, se ben colte, il nostro modo di essere, di vedere il mondo, di pensare. In certi casi, anche la nostra via di rapportarci con gli altri. Il confronto che ho intenzione di attuare in questo post, è tra il capitolo primo che mi ha insegnato tanto, Metal Gear Solid, e, inoltrandomi lungo questi 10 anni di distanza dall'uscita tra l'uno e l'altro, l'ultimo, Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots, che - per quanto paradossale o assurdo possa parere - è stato capace di farmi sorridere alla vita, di realizzare ancora una volta che le grandi emozioni stanno nelle piccole cose. E dentro noi stessi.




L'originale Metal Gear Solid era impregnato della semplice ma affascinante filosofia del Maestro Kojima. Già da allora, quello che è oggi lo sceneggiatore e direttore per eccellenza di videogame made in Japan, trasmetteva messaggi forti, concreti, ottimisti: come il fatto che la vita, in un modo o nell'altro, è sempre capace di offrire una seconda possibilità. Lo scopre Solid Snake che, dopo sei anni da eremita in Alaska, deve scontrarsi - e abbracciarsi - nuovamente con gli altri, con quello che diventerà l'amico di tutta la sua vita, Hal Emmerich, e con l'amore di Meryl Silverburgh. Ma anche con il suo passato, le sue colpe, che lo rimandano al delitto di Big Boss, che tanto lo aveva scosso: Snake deve vedere nuovamente gli occhi dell'amico Gray Fox.
Ed è proprio a Gray Fox che si lega uno dei messaggi più forti dell'intera e ventennale opera: la guerra non è un buon motivo per terminare un'amicizia. Le semplici parole del Serpente, così immediate e apparentemente così assurde, sono un duro colpo al modo d'essere di ciascuno di noi. Noi, che nell'amicizia vogliamo crederci, e a volte ne rimaniamo delusi, altre appagati, da bambini ci ritrovavamo con un messaggio così forte, e così bello: nemmeno la guerra, gli schieramenti opposti, possono portare al tramonto una vera amicizia.
E ad esso, complesso e indecifrabile, si legava il messaggio trasmesso dall'amore di Otacon nei confronti di Wolf: non importa lo schieramento, non importano le idee. In ogni momento, in ogni luogo, due persone si possono innamorare. Ed Emmerich, che ignorando qualsiasi pregiudizio ideologico ed il fatto che Wolf fosse semplicemente un cecchino membro dei terroristi contro cui lui stesso stava lottando, segue solamente i suoi sentimenti. Ha il coraggio di credere in quell'utopia. Perché, se non lo facesse, nulla avrebbe senso. Perché i sentimenti puri sono tutto ciò che abbiamo.
Di amore ci parlano anche, per tutto il plot, gli occhi di Snake e Meryl: se, il primo, dopo essersi convinto di averla persa per sempre, avanza tormentato dai sensi di colpa, dai rimorsi, dal fatto che - è crudo dirlo - non avrei dovuto spingerla a tanto, è tutta colpa mia, la seconda lotta, resiste, chiude gli occhi e affronta la bestialità e la Morte per un solo motivo: volevo vederti di nuovo. Con la forza del cuore, con quella interiore che viene dal profondo, nel momento in cui quella fisica non c'è più, non è più abbastanza, entrambi sconfiggono le loro ombre, e vanno avanti, semplicemente perché lo vogliono, perché non vogliono nemmeno pensare all'alternativa. Perché, se per loro può esistere un futuro, vogliono provare a scoprirlo insieme. Si tratta del primo accenno al concetto della forza di volontà, che verrà consacrato - a nome di entrambi i personaggi - in Guns of the Patriots.
E mentre Raven e Wolf, in punto di morte, varcano il sottile confine tra nemico e amico, mentre Liquid - per quanto folle - muore pur di credere fermamente in qualcosa, è attraverso Naomi Hunter, il suo monologo finale, che si tesse il più forte messaggio di Metal Gear Solid, la sua filosofia di base, la sua affascinante e struggentissima poesia: la vita è un collegamento con il futuro. Tutta la vita. Amandoci l'uno con l'altro, imparando l'uno dall'altro, è solo così che possiamo cambiare il mondo. Finalmente l'ho capito: il vero significato della vita. Le sue parole, così belle e dirette di per loro, sono quasi difficili da commentare. Metal Gear Solid voleva, nel suo epilogo, mostrarci uno dei possibili motivi per cui vale la pena vivere, per cui vale la pena tentarci: il futuro. Una parola incognita che, nel suo concretizzarsi, dipende unicamente da noi stessi. Dalla via che abbiamo intenzione di seguire per costruirlo. L'eredità che Metal Gear Solid ci ha lasciato nel cuore, è che vale sempre la pena di provare a lasciare al futuro un'eredità. Sopratutto, l'eredità più bella: quella di un figlio. I geni esistono per trasmettere i nostri sogni e le nostre speranze al futuro, attraverso i nostri figli. Ecco la verità di Metal Gear Solid: lasciarci comprendere che possiamo in qualche modo vivere il futuro che abbiamo costruito per i posteri. E non attraverso noi stessi, ma attraverso coloro che genereremo come protagonisti di quel futuro. La piccolezza umana, resa magnificente dalla possibilità di andare avanti attraverso qualcun'altro, di darsi un senso nella vita altrui. Questo era Metal Gear Solid, questo era il suo senso estremo. Questa è la filosofia che ce ne ha fatto innamorare.




Il livello filosofico-concettuale della saga è andato ulteriormente approfondendosi nel seguito del capolavoro primo, in quel complesso e difficile Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty che, spostando l'obiettivo da Solid Snake a Raiden, solamente per dare una luce ancora più suprema al primo, attraversava l'analisi della società, della vita, e - ancora una volta, nel suo messaggio più importante - del futuro.
Nonostante la complessità dell'intricato plot, la meravigliosa filosofia di Sons of Liberty può semplificarsi in pochi concetti cardine, assolutamente sbalorditivi ed affascinanti: Raiden, nella sua ambiguità, nel suo non avere un nome, un data di nascita - esse vengono digitata dall'utente all'inizio del capitolo Plant - non è altri che lo stesso giocatore. Una persona normale, che si ritrova fiondata, quasi materialmente, al fianco dell'eroe della sua infanzia. Si tratta forse della più ambiziosa fusione di realtà e videogioco mai immaginata. Non siamo più Snake, ma noi stessi, proiettati al suo fianco. Noi, nella nostra caratterizzazione, nel nostro essere come siamo, accanto alla leggenda che ci ha fatto crescere, che ci ha fatto emozionare, che ci ha dato tanto. E ancora una volta, innanzi a persone che non riusciamo a distinguere mai né come amici né come nemici, siamo soli innanzi all'infinito e sconfinato futuro. Privi di bussola e d'orientamento nell'infinita possibilità di alternative, paralizzati da un'angoscia kiergekaardiana. E di nuovo, è Snake ad insegnarci a rapportarci con il futuro: in una società dominata dal digitale, dall'essere schedati, dall'essere ognuno uguale all'altro, ciò che provi, ciò che senti, quello è sempre reale, ed appartiene soltanto a te. Sta a te decidere cosa farne. Nel globale moderno, fatto di numeri e concetti visti e considerati nel complesso, l'individualità sopravvive nel cuore delle persone, nella loro possibilità, nonostante tutto, di scegliere del loro piccolo, di valorizzare ciò che hanno vissuto e di conseguenza provato, facendone lo scrigno del loro essere unici nella loro individualità. E, insieme a tutto questo, il nostro Io è accompagnato da ciò in cui scegliamo di credere: è quanta fiducia hai intenzione di avere in qualcosa per cui combatti, a decidere il futuro. E' il tramandare a qualcun altro questa fiducia a costruire il mondo di domani, facendo in modo che il nostro essere singoli perduri. Proprio come è già accaduto, in passato: abbiamo ereditato la libertà, da coloro che hanno combattuto per essa. Ma, senza fare spreco di parole, senza interpretazioni spicciole e forse opinabili, è lo stesso Solid Snake a riassumerci, nella sue battute finali da Young, la verità dietro Sons of Liberty, in delle frasi che non hanno nemmeno bisogno di commento: La vita non consiste solamente nel tramandare i nostri geni. Possiamo lasciare ai posteri molto più che il nostro DNA. Attraverso la parola, la musica, la letteratura, i film... Ciò che abbiamo visto, udito, provato. Rabbia, gioia e dolore: queste sono le cose che voglio tramandare. Questo è il motivo per cui vivo. Dobbiamo passare la torcia, e lasciare che i nostri figli leggano la nostra confusa e triste storia attraverso la sua luce. Abbiamo a disposizione tutta la magia dell'era digitale, per farlo. La specie umana avrà probabilmente una fine, prima o poi, e nuove specie governeranno questo pianeta. La Terra non durerà per sempre, ma abbiamo su di noi la responsabilità di lasciare più tracce che possiamo della nostra vita. Costruire il futuro e tenere in vita il passato sono la stessa cosa.




Concetti simili, ma ulteriormente approfonditi, e quasi scherzosamente dipinti in un'epoca mediamente lontana dalla nostra nonostante il fine di insegnarci a vivere nella modernità, sono quelli che animano la filosofia che sta' alla base di Metal Gear Solid 3: Snake Eater. Anzi, nell'ottica della "filosofia del lascito", proprio l'idea di realizzare il prequel di tutti i precedenti episodi assume una funzione suggestiva: conosciamo già la società che verrà dopo l'epilogo di Snake Eater, sappiamo già che ne sarà dei suoi eroi e dei suoi villani. E' con questa particolare chiave di lettura, che nel Mangia Serpenti viene ripresa la filosofia del futuro, degli ideali, degli amici e dei nemici. Già nel primo Metal Gear Solid, Gray e Fox e Solid Snake ci avevano dato prova che nemmeno la guerra, nemmeno la faziosità divergente, può porre termine ad una vera amicizia. Il concetto viene ripreso in Metal Gear Solid 3, ed ulteriormente ampliato: come dice The Boss, non esistono nemici in termini assoluti, coloro contro cui si combatte lo sono solamente in maniera relativa, essi cambieranno col tempo. In un'ottica di Guerra Fredda, di assoluta inconciliabilità per mero confine e ideali politici delle due fette in cui il mondo era diviso, il Maestro Kojima estromette ancora una volta la guerra dai nostri criteri di valutazione dell'altro, poiché un amico è colui che va oltre alla diversità che intercorre tra noi e lui. Amici e nemici di cui si parla in guerra, essi lo sono relativamente alla condizione per cui si combatte, all'ideale che sposano: avere ideali differenti e combattere per difenderli, fino alla fine, non significa essere nemici nella vita. Da ciò viene dedotto che, in quanto confinati alla momentanea condizione di guerra, i nemici nella vita non esistono, non sono null'altro che una nostra triste e spicciola catalogazione mentale.
In questa condizione di lotta continua e spontanea verso ciò che è differente, e che per noi è nemico, il più prezioso alleato di ciascuno è noi stessi: lealtà fino alla fine, lealtà verso te stesso. In tempi che cambiano portando nuovi ideali, e ridistribuendo le pedine sulla fittizia scacchiera di amici e nemici il solo punto cardine, il punto fermo dal quale tentare sempre di ripartire, è noi stessi.
Sempre noi stessi siamo, infine, la voce che porterà al perdurare nel futuro di coloro che sono stati ingoiati nel passato. Le grandi gesta, le grandi parole, le semplici emozioni, spessono non trovano giustizia nella memoria dei posteri, e lasciano un'eredità preziosissima, ma fragile, che un semplice soffio di vento potrebbe cancellare. E' il bagaglio che lasciano dentro ciascuna delle persone con cui hanno avuto a che fare in vita, il patrimonio di cui il nostro cuore è carico quando, una volta che queste persone ci avranno abbandonato per sempre, riusciremo forse a comprenderne davvero l'insegnamento. A dare un senso a tutto ciò che hanno fatto. Quando la Storia non può rendere merito, quando si è troppo piccoli per essere tramandati all'intera umanità, abbiamo ancora un ulteriore mezzo per sopravvivere all'oblio del tempo: il cuore delle persone che ci hanno amato. Come afferma EVA nel Debriefing, riguardo la morte di The Boss, lei voleva continuare a vivere... nei tuoi ricordi. Non come un soldato, ma come una donna. La Storia non verrà mai a conoscenza di ciò che lei ha fatto. Nessuno conoscerà mai la verità. La sua storia, le sue gesta, sopravviveranno solamente dentro il tuo cuore.
Questo è il concetto cardine di Metal Gear Solid 3: oltre all'amore e ai geni (Metal Gear Solid), oltre alla cultura, l'arte e gli ideali (Metal Gear Solid 2), c'è un'altra via attraverso la quale possiamo tramandare al futuro i frammenti di noi stessi: il cuore di coloro che abbiamo avuto vicino. Senza reali nemici o amici, leali ai nostri singoli ideali al punto da essere disposti a morire abbracciandoli, avremo sempre la possibilità di sopravvivere nei ricordi di qualcuno. E di lasciare loro, in questo modo, il meglio di noi stessi.




Dopo aver parlato così a lungo, e in modo così aperto, dell'intera saga Solid, viene quasi difficile spingersi oltre al superficiale dell'epilogo della serie, di quel capitolo che, come si confà ad ogni bella storia, riprende i concetti proposti fin dal prologo, eternandoli in un finale epico, degno di essere ricordato. E' questo, in pochissime parole, Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots.
L'eroe della nostra infanzia, quel Solid Snake di cui abbiamo avuto modo di innamorarci, ritorna invecchiato, scoraggiato, distrutto. Perché non è possibile sfuggire al destino. Perché non sempre, come Naomi avrebbe voluto, le catene del destino - più forti di ogni singolo individuo umano - possono essere spezzate.
Eppure, Snake ha ancora dalla sua parte la forza dell'amicizia di Otacon, la volontà di lasciare ai posteri un mondo che sia degno di essere chiamato tale. Snake è ancora lo stesso di un tempo, l'uomo che, a New York, affermava di stare vivendo per tramandare al futuro la semplicità della sua vita. In un futuro controllato da sistemi automatizzati, dove il denaro ha fatto perdere di vista ogni moralità, dove la scienza continua a divenire il volontario/inconscio nutrimento dell'economia bellica, Snake deve trovare nuovamente la forza di trovare sul campo, di affrontare non i suoi avversari, ma se stesso e il suo destino. La sua stanchezza e i suoi fantasmi.
Con Old Snake, in dieci anni di vita, siamo invecchiati anche noi. Quello Snake ragazzo che ci aveva trovato bambini, ci riscopre adulti, e noi lo ritroviamo anziano. Il tempo: questo è uno dei concetti che fanno capo a Guns of the Patriots. Il tempo reale, quello che noi abbiamo passato accanto a Snake, e quello ludico, quello fittizio e scenico, che sta per uccidere il Serpente una volta per tutte. Che lo costringerà a riporre le sue armi e ad arrendersi, perché la vita non sempre va come avremmo voluto che andasse.
Il più grande valore del messaggio di Guns of the Patriots, la sua più assoluta pietra preziosa, la punta di diamante della sua sceneggiatura, ruota attorno al concetto delle infinite possibilità della forza di volontà umana. Oltre ogni bestialità, contro ogni evento avverso, anche senza più un briciolo di forza in corpo, se davvero credi in qualcosa, se davvero lo vuoi con tutto te stesso, puoi farlo. Perché non è nel tuo corpo, ma nel cuore, la forza che ti consentirà di andare avanti. Lo esprime Old Snake quando, senza forze e sempre più debole, si trascina oltre al corridoio a microonde, verso il GW. Devastato e quasi agonizzante. Lo dimostra Raiden, lottando senza braccia contro un intero esercito. Lo dimostra Mei Ling che, affrontando tutte le sue paure, si ritrova con la sua nave faccia a faccia con dei Metal Gear RAY. E, sposato ad un altro messaggio, lo dimostrano Meryl e Akiba che, completamente crivellati dai nemici, continuano a resistere, fino all'ultima pallottola. Fino a quando, no, non è caduta la mia forza di volontà, sono disarmato, ma ci credo ancora, vorrei potercela ancora fare. E ce la fanno.
Ai due futuri sposi, si legano anche altri concetti filosofici alla base di Metal Gear Solid 4: oltre che dello scorrere degli eventi, la forza di volontà umana è più forte perfino della scienza, degli schemi che la società impone come necessari per affrontare date situazioni. Lo dimostrano chiaramente, resistendo al dolore e ai nemici senza contare sulle nanotecnologie. E, nella medesima scena, Akiba dimostra ancora una volta la forza dell'amore: un uomo che non sapeva affrontare le sue fobie, ma che ci prova, a costo di uscirne a terra, a costo di esserne distrutto, pur di stare accanto alla donna che ama. Pur di sapere di averci perlomeno tentato, di non averla lasciata sola.
E mentre la società è mossa da un ciclo continuo di ripetizioni, da una specie di angosciante eterno ritorno artificiale oscuro e nietzeschiano voluto dai Patriots, in un mondo dove le intelligenze artificiali, a causa del progredire della scienza, hanno dominato perfino sull'uomo, a salvarsi sono ancora una volta i valori del singolo, la fede dell'individuale, la piccolezza dell'umano. Come a fare da specchio alla nostra società, fatta di digitale, velate imposizioni, filtraggio delle informazioni, sempre più interessata ad un abominevole controllo globale elettronico. Anche qui da noi, come nell'universo di Metal Gear Solid, possiamo sopravvivere, possiamo valorizzarci, semplicemente essendo fino in fondo noi stessi, lontani dal nostro finto ed anonimo nichlisimo. La nostra forza di volontà è abbastanza forte da renderci liberi da tutto questo. E' ciò che dice Drebin nel finale, constatando che non vi è poi molta differenza tra le Nazioni Unite ed i Patriots. In un mondo di unioni in cui non siamo interpellati e su cui comunque la nostra opinione non avrebbe di che contare, possiamo ritagliare il nostro angolo semplicemente vivendo da uomini, credendo nei nostri valori. Mai vivendo come automi. La forza di volontà, il nostro credere di volerlo fare, l'amore che proveremo per qualcuno, e che qualcuno proverà per noi, ci spingeranno dentro la piccolezza del nostro universo personale che, per quanto piccolo, sarà comunque puro ed autentico. Se tutti agissimo in questo modo, probabilmente lasceremo anche un mondo di gran lunga migliore alle generazioni future.
Sono gli stessi concetti che Big Boss recita al figlio Snake, nella scena ultima della saga: nonostante tutto, qualsiasi cosa il destino abbia sancito per noi, in qualsiasi cosa siamo stati coinvolti, abbiamo sempre la libertà di ripartire da zero. E quando dallo zero si genererà l'uno, dall'uno il due, dal due il dieci e dal dieci il cento, ci sarà nuova vita. Ci sarà un nuovo mondo, una nuova era. Non esiste destino, innanzi alla forza di volontà dell'uomo. Non è possibile rassegnarcisi, innanzi al valore potenziale che ciascuno di noi nasconde dentro se stesso. Pur in una società di controllo, pur in un mondo di silenzi e dominazioni, siamo liberi di scegliere cosa fare della nostra vita, di renderla autentica, di non adattarci alla realtà in cui - come direbbe Heidegger - ci siamo trovati tristemente deietti come esseri-ci. Abbiamo sempre la possibilità di essere semplicemente noi stessi.
Noi possiamo essere liberi da tutto questo sistema, volendolo. Noi possiamo essere liberi di essere noi stessi: Snake, a pochi mesi dalla sua Morte, è libero di vivere come David, e non più come serpente. Tutte le prigioni in cui crediamo di essere intrappolati possono essere abbattute - e non dalla scienza, come ha tentato di fare Naomi, curando il suo cancro - ma da noi stessi: basta solo percorrerne il sentiero. Ti è stata data la libertà di vedere questo nuovo mondo. Il tuo corpo e la tua anima ti appartengono.
Il destino non è una gabbia: è un'infinità di sentieri da tracciare, in una vita semplice. Dove si piange per chi va via, si sorride per un matrimonio, si perdona ciò che si credeva imperdonabile, si ama chi è importante per noi. Ed ecco che, in tutto questo, torna la filosofia del lascito, del tramandare, che riprende il concetto di Snake Eater: un David quanto mai caduco, incapacitato a lasciare geni e DNA al mondo, nessuna memoria alternativa di se stesso, ha bisogno di avere accanto coloro che lo hanno amato, affinché gli siano testimoni, affinchè tramandino ai posteri il fatto che Snake ha avuto una vita molto difficile, e al contempo che Snake è morto, perché è nato Dave. E Dave è un uomo finalmente libero di vivere.
In realtà, in un mondo sovvertito nel suo ordine obbligato dal nuovo e dall'inaspettato - il genio unico di Sunny, l'ultimo arrivo che sconvolge il perpetuo - Dave lascia al futuro molto più di quanto non immagini: lascia un mondo che può ricominciare, un sentiero diramato da percorrere secondo la propria discrezione. Tracciato solamente con la sua forza di volontà. Dave lascia un mondo libero di essere come le persone lo creeranno. Ed è quello che, come ultima volontà, ha fatto anche Naomi.
Dave lascia il mondo consapevole che l'alba non si estingue mai, nonostante tutto, che il sole sta sorgendo ancora. E Big Boss, metaforicamente, sapeva che non c'è niente di meglio.


Non è forse tutto questo, questi concetti e queste emozioni, queste lacrime e queste canzoni che ci accompagnano da anni, non sono forse pure filosofia?
So che c'è qualcosa che anche noi vogliamo tramandare, che va oltre il DNA, oltre la letteratura, l'arte, la musica, la memoria delle persone. E' l'insegnamento che Hideo Kojima, e Snake attraverso di lui, sono stati capaci di darci. Ecco qualcosa d'altro che vale davvero la pena tramandare. Ecco una piccola fetta dell'eredità che lascerò volentieri al futuro.

Costruire il futuro e tenere in vita il passato sono la stessa cosa.
Semper fi,
Stefania Sperandio

domenica 13 luglio 2008

Metal Gear Solid on PlayStation 3

Noi di Metal Gear Web, tempo prima dell'uscita dell'ultimo capolavoro della Kojima Production avevamo proposto sul web una petizione per un serio remake del primo Metal Gear Solid sulla PlayStation 3. Attenzione, non continuate a leggere se non avete finito MGS4, perchè potreste andare incontro a qualche spoiler.
In realtà un primo remake, come tutti già saprete, fu sviluppato esclusivamente per Nintendo GameCube e pubblicato in Europa il 26 Marzo del 2004, ma non riuscì a riprendere l'atmosfera dell'originale, mancando anche di alcune importanti O.S.T. in momenti cruciali.
E poi dopo aver giocato a Metal Gear Solid 4, più che giocato aver visto quel strepitoso film che è Metal Gear Solid 4, sarebbe giusto rivedere su PS3 ciò da cui tutto ebbe inizio. E' a Shadow Moses che le nostre emozioni iniziarono e praticamente a Shadow Moses molte delle nostre emozioni in MGS4 finiscono. Perchè non riviverle con un taglio cinematografico come quello mostrato in Guns of the Patriots?
Per molti il primo Solid è ancora il migliore in assoluto, proviamo anche solo minimamente ad immagine che assoluto capolavoro verrebbe fuori con un rifacimento di Shadow Moses su PS3.
E dico questo mentre nella TV affianco vedo mia sorella che gioca a Guns of the Patriots, signori che sceneggiatura, sembra di vedere un film al cinema!
Inoltre buona parte di Shadow Moses è stata già rifatta col motore grafico di MGS4, per cui non ci sarebbe nemmeno troppissimo lavoro da effettuare per la Konami.
Se qualcuno di voi la pensasse allo stesso modo e avesse voglia di darci una mano, abbiamo aperto una petizione al seguente link: http://www.petitiononline.com/z7111/
Abbiamo superato la quota delle 2000 firme, ora abbiamo intenzione di passare a farci pubblicità in siti e riviste di videogames, sperando di ricevere una mano.
Quando avremmo un buon numero di firme gireremo la richiesta con la petizione alla Konami e alla Kojima Production. Ma per farlo ci serve il vostro aiuto.
E allora: firmate!